Platone,
Repubblica 588a-589b
"Ora che siamo
giunti a questo punto della discussione, riprendiamo le argomentazioni
precedenti che ci hanno condotto fin qui. A suo tempo si era detto che
all'ingiusto conviene essere tale, purché abbia la reputazione di uomo giusto;
non si era detto questo?"
"Sì, questo è un
modo appropriato".
E io dissi: "Ora
che ci siamo messi d'accordo sul valore che hanno l'essere ingiusti e l'agire
secondo giustizia, discorriamo un po' con chi si è espresso in questi
termini."
"Come
allora?"
"Plasmiamo con
le parole un'immagine dell'anima, affinché chi diceva questo si renda conto
delle sue affermazioni".
"Quale
immagine?", domandò. "Una simile agli antichi mostri della
mitologia", risposi: "la Chimera, Scilla, Cerbero e vari altri esseri
che, a quanto si narra, erano costituiti da molte forme riunite in un unico
corpo".
"In
effetti si racconta questo”, disse. “Plasma dunque un mostro composito, con
tutto intorno molte teste di
animali domestici e
selvaggi, capace di mutare aspetto e generare tutte queste forme da se
stesso".
"Quest'opera
richiede un artista straordinario!", esclamò. "Tuttavia, dato che la
parola è più malleabile della cera e delle altre materie di questo tipo,
plasmiamolo!".
"Poi modella la
forma di un leone e di un uomo; la prima però sia molto più grande di queste
due, e quella del leone venga per seconda". "Questo è più
facile".
Disse: "eccotele
plasmate".
"Ora attaccale
tutte e tre assieme, in modo che siano connesse l'una all'altra".
"Sono connesse", rispose. "Ricoprile dall'esterno di una sola
immagine, quella umana: così a chi non può vedere l'interno, ma scorge solo
l'involucro esterno, appariranno come un unico essere, un uomo appunto".
"Eccoti modellato l'involucro", disse.
"Ora, se uno
afferma che a quest'uomo conviene essere ingiusto e non gli serve agire secondo
giustizia, rispondiamogli che ciò equivale a dire che gli conviene pascere e
rendere forte il mostro multiforme assieme al leone e al suo seguito, e per
contro far morire di fame e indebolire l'uomo al punto che si lasci trascinare
dovunque lo conduca l'una o l'altra delle due fiere, senza abituare queste
nature alla convivenza e all'amicizia reciproca, ma lasciando che si mordano,
si combattano e si divorino a vicenda». "Chi lodasse l'ingiustizia",
disse, "sosterrebbe proprio questo".
"Quindi non è
vantaggioso per colui che parla con giustizia?"
"Chi invece sostenesse l'utilità della
giustizia, non affermerebbe che bisogna agire e parlare in modo che l'uomo
interiore abbia la massima padronanza dell'essere umano, sorvegli la bestia
dalle molte teste, così come un contadino coltiva con amore le piante
domestiche e impedisce che crescano quelle selvatiche.”
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